venerdì 27 novembre 2015

Scusate per il trasloco

Come forse vi sarete accorti, il blog è stato trasferito da Wordpress a Blogger. E' stata una scelta "imposta" dal fatto che il server su cui era parcheggiato Wordpress mi ha mandato in vacca un mese di lavoro, per poi inviarmi una letterina di scuse, dove hanno anche avuto la faccia tosta di regalarmi ben tre mesi di hosting gratuito (in termini economici parliamo di pochi spiccioli) per compensarmi del "disturbo"! WOW! Oltre a ciò, devo dire che, rispetto Wordpress, Blogger permette di lavorare in modo molto più rapido e senza troppe menate. Quindi, ben venga Blogger (e pazienza se non ha le millemila funzioni di Wordpress).
Purtroppo il trasloco ha causato qualche casino (non grave, per fortuna) nell'impaginazione dei post (parlo soprattutto della recensione de "Lo specchio di Atlante") e ho dovuto reinserire personalmente i commenti degli utenti. 
Per ora è tutto, bye.


giovedì 26 novembre 2015

Il minestrone di Atlante (con contorno di gamberi)

Come promesso, ho deciso di pubblicare una recensione riguardo uno dei romanzi della collana Vaporteppa. Perché iniziare proprio da Lo specchio di Atlante? Semplice: sono sempre stato un misantropo patito di labirinti, distorsioni temporali, mondi paralleli...in pratica, tutto ciò che riguarda il genere surreale e il realismo magico. Penso di aver letto una discreta fetta di ciò che la narrativa mondiale (tradotta in italiano) offre in quest'ambito. Per questo ho preferito rimandare la lettura delle tipiche opere ducali che trattano tettone, vaporetti e roba simile, e concentrarmi su un romanzo che si annunciasse più vicino ai mie gusti. Peccato che le aspettative siano rimaste per buona parte deluse.
Inizierò con l'esame dello stile, come da tradizione gamberesca. A tal fine, abbandonerò le mie spoglie umane per tramutarmi temporaneamente in un ittico e intelligentissimo discepolo della Scuola Gamberi. Solo così potrò adottare un metro di misura adeguato, degno della Dea. 
Vi avviso che l'intera recensione è spoilerante, quindi evitate di leggerla se avete intenzione di acquistare l'opera.


A seconda della gravità dell'errore/problema riscontrato, assegnerò di volta in volta una valutazione:

Un gambero infilzato: errore/problema poco grave
Due gamberi infilzati: errore/problema rilevante




Tre gamberi infilzati: orrore






Prima di tutto, però, diamo uno sguardo ai protagonisti del romanzo.

I nostri tipici eroi

 

La migliore espressione di Heron
Heron: tipico protagonista anonimo, trasparente e insapore come acqua distillata. Si trova coinvolto in enigmi e casini giudiziari che, in mancanza dell'ispettore Derrick o di L di Death Note, dovrà risolvere aguzzando l'ingegno.





Zephirock
Zephiro: tipico maestro saggio, anziano, venerabile etc. Ogni tanto sfoggia slang molto yeah, della serie “sono vecchio ma non un fottuto rincoglionito”, il che lo rende anche abbastanza antipatico. Lati positivi: ha lo stesso nome dello zucchero che uso di solito.






...però lui aveva un omuncolo più grosso e peloso
Kalomon: tipica spalla del tipico protagonista anonimo. Sfrontato, presuntuoso, crede di essere fico, simpatico...le solite cose in stile "Ian Solo" di Star Wars. Ma alla fine, inaspettatamente ^_^, abbasserà la cresta anche lui.

 

 

 

 

 

Sciòu-don-tell e Pointovviù, distruzioni per l'uso

 

In numerosi casi l'autore (con la complicità del Duca) utilizza la tecnica che Scott Card definisce "penetrazione profonda", ovvero una totale immersione nei pensieri del personaggio senza spezzare la narrazione (per un approfondimento sul tema, qui). Ora, quando si parla di punto di vista (POV) non è sbagliato alternare diversi livelli di penetrazione nel corso della narrazione, ma ritengo inopportuno farlo nella medesima scena. Esempi:
Cosa sarà accaduto a Ilina? Non sapeva ancora cosa accadesse ai sogni durante la veglia. Continuavano a esistere? O svanivano a ogni risveglio? Zephiro aveva una risposta per questo? Glielo avrebbe chiesto.
Questo era il terzo sé stesso che lo lasciava. Sia maledetta l’insensibilità di Zephiro. Perché imporre agli Apprendisti di dare agli omuncoli il loro aspetto? Assistere al proprio decadimento fisico era una lezione di saggezza o di cinismo?
Quello che Heron stava ascoltando da Zephiro era sempre stato presente, in qualche modo, nella sua mente, anche se non aveva mai voluto ammetterlo. È strano come essere cosciente di tale potere mi faccia sentire inadeguato per utilizzarlo.

Che senso ha mescolare i pensieri del personaggio in penetrazione leggera (interrompendo la narrazione con le classiche frasi in corsivo) con quelli espressi in penetrazione profonda? Nell'ultimo estratto, ad esempio, bastava portare tutto in penetrazione leggera, scrivendo: In fondo l'ho sempre saputo, ma non ho mai voluto ammetterlo. È strano come essere cosciente di tale potere mi faccia sentire inadeguato per utilizzarlo. Oppure si poteva trasformare tutto in penetrazione profonda. Mescolare diversi livelli di penetrazione nella stessa scena può creare nel lettore un senso di fastidio non dissimile da quello dovuto al repentino cambio di POV da un personaggio all'altro.


Ecco uno ben più esperto del Duca a proposito di livelli di penetrazione

Abbiamo poi diversi casi di dubbie intromissioni del narratore, mini-infodump e gestione del POV traballante:


Gli inchini non erano previsti nel cerimoniale dei Maghi, ma Heron non poteva fare a meno di abbozzarli… anche se poi li lasciava incompleti. Il Maestro non li sopportava.
I lettori, invece, non sopportano frasi del genere. Inchiostro elettronico sprecato.


Ma, a differenza del collega, sapeva quando era poco consigliabile parlare.
Per allontanare la puzza del narratore sarebbe stato meglio scrivere: “Ma preferì tacere per non beccarsi anche lui una lavata di testa.” O qualcosa del genere.



Lo vide crescere sotto i suoi occhi e mettersi in piedi, sulle gambette instabili [...]. «Salve,» disse. Gli omuncoli erano subito in grado di parlare. Il piccolo era già autonomo. E, in un ciclo lunare, avrebbe vissuto tutte le fasi dell’esistenza di Heron.
Piero Angela non avrebbe fatto di meglio. Complimenti per l'esempio da manuale di infodump.


La fanciulla era stesa sul giaciglio del suo sonno perenne. Accanto al letto, zia Lenora le stringeva la mano tiepida.
Ma chi è il personaggio POV qui? Fino a poco fa eravamo con Heron e ora siamo con la zia Lenora?


Le fiamme avvolsero il corpo del compagno che, spinto dalla mano di fuoco, fu proiettato verso la tela nera della notte. Una meteora oltre il Ciglio del Mondo.
Dio onnipotente! Era questo il momento in cui un lettore ardimentoso come me doveva balzare dalla sedia con un roboante “WOW!”, dico bene? Già, questa è poesia ragazzi! In pratica, se ho ben capito, Heron viene buttato nel baratro dal Demone. Oppure non è andata proprio così? E il demone che fine ha fatto? Qualsiasi stronzo al posto di zio Zefi avrebbe posto a Kalomon queste domande (e molte altre), considerando l'importanza cruciale dell'evento, ma vuoi mettere col finale poetico? Ma soprattutto: come mai quel cazzone di Kalomon, che non rinuncia mai ai suoi modi sprezzanti e spiccioli, conclude il suo racconto come avrebbe fatto un poeta dell'ottocento ("tela nera della notte", "meteora oltre il Ciglio del mondo")?

Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, silenziosa luna?
  

Tacquero. La piovra li osservava, sorniona, dal fondo della boccia.
In ginocchio sui ceci, Duca: hai usato il Telling, l'incantesimo proibito.


Il Maestro fece un mezzo sorriso ma non parlò.
Peggio di prima: stavolta, in ginocchio sui gamberi.


Cosa accadrebbe al mio corpo addormentato in Maniero? Non poteva saperlo.
I lettori sanno che non poteva saperlo. Il personaggio POV sa che non poteva saperlo. L'autore sa che non poteva saperlo. Quindi, esimio Duca, perché cazzo ce lo hai scritto?


Era un enigma che lo affascinava, ma non se la sentiva di tentare un esperimento per scioglierlo. Non gli andava di morire per verificare una teoria filosofica.
Ma veramente? No, mi rifiuto di crederlo! Che codardi questi maghetti allevati dal Duca.

 

Insalata di mare

 

L'Incipit del romanzo è obsoleto: invece di catapultare il lettore nella vicenda, il tutto si risolve in un preambolo senza capo né coda, infarcito di considerazioni/informazioni vaghe e fumose quando non da cassare in tronco, rime sfigate ("contadino-caprino", "sorgente-fluente") e, in generale, un tono pomposo che sembra voler annunciare chissà che, stile l'intro de Il SIlmarillion (ma in quel caso c'era ben altra carne sul fuoco).


Il Maestro è troppo immobile. Dev’essere almeno al Quinto Livello di Meditazione.
 Questa trovata dei livelli di meditazione (peraltro ribadita svariate volte nel corso del romanzo) è abbastanza ridicola. Spero che il Duca e l'autore ne fossero consapevoli, e che abbiano solo voluto concedersi una parentesi di autoironia, riferendosi alle stronzate tipiche dei fantasy di infimo livello. Io ne avrei comunque fatto a meno.

L’omuncolo si rizzò in punta di piedi sulla spalla del padrone, mise le mani a coppa davanti alla bocca e strillò: «Svegliati, vecchio bacucco!» La piovra si agitò nella boccia. Lo strano animale si colorò di nero. Heron e Kalamon sobbalzarono.
Perchè separare le frasi con interpunzione forte, dal momento che il tutto si svolge nel tempo di uno strillo?

Zephiro recitò una formula sub vocale e l’esserino cadde a terra pietrificato, con un tonfo secco.
 Questa è tosta, qualcuno mi spiega cosa sarebbe una formula sub vocale?

Il lago era immobile. Heron, attraverso la siepe, non scorse movimenti nelle sue profondità.
 Come può un tizio (ancorché cazzuto come Heron) capire se c'è movimento nelle profondità di un lago, osservando da una siepe?

Heron, con passo strascicato, percorse un sentiero fra le felci, che si aprivano al suo passaggio.
 E poi, una volta passato Heron, immagino che si richiudessero, vero? Davvero imprevedibile il comportamento di queste felci.

Heron si affacciò. La scalinata proseguiva a ridosso della parete, rimpicciolendo e perdendosi più sotto. Non aveva parapetto, né corrimano [...]. Materializzò un globo di luce fredda, che lo precedette, rischiarandogli il cammino. L’aria era secca e pungente. Sulla roccia non c’erano ciuffi d’erba, né cespugli cui aggrapparsi, cosicché la discesa risultò lenta e difficile.
Alla faccia del cazzo...questo qui materializza sfere di luce (fredda, per di più!) come niente fosse, però non riesce a inventarsi niente per evitare di precipitare nel vuoto all'interno del suo stesso sogno. D'accordo che la scala è stretta e senza corrimano - ma tu guarda un po' che caso strano, non poteva essere larga e comoda, vero? -, e che Heron non ha pieno potere di plasmare i suoi sogni come gli pare e piace, ma visto che il maghetto può creare sfere di luce, proprio come se si trovasse nel mondo “reale”, allora per quale ragione, esattamente, non può creare anche qualcosa che lo aiuti a non precipitare dalle scale? Un po' di fantasia Duca, suvvia...

Percorse con lo sguardo il graduale confondersi e offuscarsi del cielo nella zona crepuscolare, fino al completo buio della notte totale
 Qui l'autore utilizza, evidentemente senza saperlo, una figura retorica (chiasmo) utilizzata soprattutto in poesia. L'effetto in prosa è ovviamente orrendo, ma il Duca non sembra preoccuparsene.

Descrizioni che non descrivono o descrivono male

L’erba, gli alberi, i fiori, il cielo, il lago, il Palazzo scintillante, erano un tale caleidoscopio di tinte che la loro concretezza appariva un assurdo. A conferma dell’enormità dello sforzo creativo, tutto esauritosi in quella superba realizzazione, l’orizzonte appariva vicinissimo e lasciava all’esterno un vuoto che ancora attendeva di essere plasmato in una nuova fantasmagoria. Poco lontano, davanti a loro, il paesaggio s’interrompeva come delimitato dall’orlo di un baratro.
In base ai parametri della Scuola Gambardimentosa, questa descrizione fa abbastanza schifo. Povera di elementi concreti, densa di termini vaghi, aggettivi inutili, senza contare la storia del "paesaggio interrotto". Forse, prima ancora di Heron, lo sforzo creativo avrebbero dovuto farlo il Duca e Cicchetti.

Per un istante temette di essere capitato chissà dove ma non c’erano dubbi: era proprio nel suo sogno: la linea dell’orizzonte era interrotta da quell’impossibile baratro.
Uhm. Non so voi, ma io trovo difficile visualizzare l'immagine della linea dell'orizzonte interrotta da un "impossibile" baratro. La linea dell'orizzonte è per definizione lontana dall'osservatore...quindi come può costui capire se c'è un baratro che la "interrompe"? E cosa significa esattamente che la "interrompe"? Non sarebbe stato più corretto riferirsi a qualche elemento concreto (che so, un bosco, una montagna) come confine oltre il quale si spalanca il baratro?

Sul vestito bianco della ragazza, in mezzo al petto, c’era l’impronta di una mano. Una mano sinistra impressa come un marchio di fuoco.
A parte il fatto che la descrizione lascia molto a desiderare (non si capisce bene se parliamo di una mano infuocata o cosa, ma per fortuna Cicchetti lo spiegherà meglio in seguito), ma vi pare che se un maghetto apprendista (come Heron) si trovasse di fronte una scena simile, invece di allarmarsi, guardarsi intorno etc, starebbe lì a pensare che la mano che ha lasciato l'impronta di fuoco è la sinistra? Ma peppiacere! E' chiaramente una forzatura introdotta dall'autore per ragioni di trama.

Il sentiero costeggiava il lago e serpeggiava nel boschetto di olmi. C’era un silenzio innaturale. Il Giardino era brulicante di vita, ma Heron non ne coglieva la presenza.
Il giardino brulica di vita...ma che dico, pullula di vita! E di che vita parliamo esattamente? E che cazzo significa che Heron non ne coglie la presenza? Non è un controsenso?

Fu costretto a spegnere il globo. Tenerlo acceso gli costava troppa energia, e non poteva permettersi di indebolirsi.
Di quale energia parliamo esattamente? Chi ha detto che materializzare oggetti nei sogni richiede energia (specialmente quando uno – Heron - si è già preso il disturbo di materializzare un intero mondo)? Non mi pare che questo aspetto sia mai stato spiegato nel romanzo.

Il minuscolo, vecchio Heron sorrise con gli occhi.

Attraversò i fasci di luce, che filtravano come lance nel fogliame, e s’immerse sempre di più nel bosco.
Ohibò, Duca, mi cadi su queste abusatissime espressioni cliscé? Non è da te, dai...

Chissà se anche gli occhi hanno l'alito cattivo

 
Dietro la finestra di una stanza, a livello del cortile, c’era una figura. Era immersa in un alone di luce ed emanava lampi di pura malevolenza.
Ma che cazzo mi combini Duca? Non vedi che fai ammuffire il carapace della Dea Gambera con questi obbrobri? Non si era detto di non usare mai termini vaghi e astratti nelle descrizioni? Ci sarebbero ancora altri appunti da fare, ma con l'esame dello stile mi fermo qui.

Come ti creo il fantagiallo

E veniamo infine al vero tasto dolente di questo romanzo: la trama. O meglio: la tipologia di trama. I problemi iniziano quando Zephiro decide di entrare dentro la povera Ilina (niente battute da due soldi, grazie: ci ha già pensato Zefiro, con un'uscita humor di serie Z, di quelle che piacciono tanto al Duca, quando dice: "Ma chi sarà il Demone che lascia impronte sui seni? Uno sporcaccione!") che sta sognando non si sa cosa. Heron nel frattempo è a spasso nel proprio sogno, a trovare un vecchio mago (ma ogni tanto non si potrebbe avere un mago giovane? O una maghessa strafica? Eccheccazzo). A questo punto, Zefiro si rende conto di non trovarsi più nel sogno di Ilina, ma in quello di Heron. Ma poi ci ripensa: non è proprio così. E' Ilina che può entrare nel sogno di Heron! Dunque, il nostro Zefi (che peraltro va a zonzo per i sogni in forma astrale, quindi in "modalità" differente rispetto a Heron e Ilina che invece sono "reali"!) si trova nel sogno di...? No, perdio, sbattetemi un istrice in faccia, farebbe meno male! Qui bisogna lasciare le molliche di pane per raccapezzarci qualcosa. Ma attenzione, signori, perché il vero casino deve ancora arrivare! Questo è solo il primo, umile tassello del fanta-rompicapo che vi sta per travolgere! Proseguendo nella lettura, i più attenti noteranno certamente somiglianze con opere di autori vicini al genere surreale/realismo magico. Io, ad esempio, ho pensato subito a un racconto de Il libro di sabbia, in cui Borges incontra se stesso da giovane. Tuttavia, c'è una differenza fondamentale tra Cicchetti e Borges: la maggior parte delle pippe mentali di quest'ultimo si sviluppano in forma di racconti brevi.
Insomma, leggere un racconto di Borges ben vale un mal di testa, come una sana scopata vale un mal di schiena, ma Cicchetti ha deciso proprio di stupi(di)rci con effetti speciali. E non è finita qui. La situazione peggiora quando ci si rende conto che, in effetti, l'autore non voleva scrivere una versione allungata e pompata di qualche racconto borgesiano, infilando ovunque specchi dimensionali, sogni dentro sogni, personaggi sdoppiati, e via dicendo. No, miei cari gamberetti: lo scopo di Cicchetti era quello di scrivere qualcosa che somigliasse a un giallo. Proprio per questo, un lettore fantasy non abituato a ragionare come Perry Mason, suderà sette camicie per seguire le varie diramazioni della storia. Se almeno il Cicchetti si fosse limitato a piazzare qualche specchio dimensionale qui e lì, evitando di metterci in mezzo pure i sogni, i sognatori dentro i sogni, i sogni condivisi, le forme astrali e altre diavolerie, l'opera ne avrebbe guadagnato non poco. Insomma, un tizio acquista su Vaporteppa un'opera che reca sulla copertina la scritta “romanzo fantasy”. E invece cosa si ritrova? Una trama composta per il 50% da caratteristiche tipiche del romanzo giallo, 30% di realismo magico (filosofate varie sulle dimensioni spaziotemporali etc), 20% di fantasy (più che altro per l'ambientazione). Da cui si desume che questo romanzo non è un fantasy. Al massimo, potremmo definirlo un “fantagiallo”.
D'altronde, come definireste un romanzo la cui parte centrale si svolge in un tribunale (in un processo serio che vede imputato il protagonista - nulla a che vedere col tribunale folle e surreale di Alice nel paese delle meraviglie) dove troveranno spiegazione tutti gli eventi accaduti fino a quel momento? Ulteriore conseguenza di questa bizzarra scelta narrativa sta nel fatto che il conflitto è ridotto a una mera ricerca di “chi ha fatto cosa e perché”: non c'è spazio per altro, i personaggi sono “freddi”, meri attori di questo gioco, come avviene appunto in molti romanzi gialli. Fortunatamente i protagonisti hanno anche delle controparti “cattive” che non si dilettano a combattere il Bene per dominare l'universo e boiate varie, ma solo per salvaguardare la sopravvivenza del proprio mondo. Ciò allevia un poco la netta sensazione che i personaggi principali non siano altro che manichini su cui l'autore ha cucito la sua labrintica trama. Per le stesse ragioni, è inevitabile che la tensione cada a picco dopo la fase del processo, e il finale dell'opera, a dir poco scontato, per non dire “obbligato”, dimostra ancora una volta come in questo romanzo l'elemento fantastico funga da mero contorno di una vicenda improntata su elementi tipici di altri generi lontani, molto lontani dal fantasy e, se vogliamo, anche dal realismo magico. 

Due e due fanno quattro, disse il Duca

A supporto di quanto detto finora, vale la pena ricordare che il nostro Cicchetti non è certo un novellino in fatto di gialli: nel Premio Tedeschi 2012 si è classificato finalista con un romanzo rientrante proprio in questo genere, intitolato Il rifugio dell'orco. Naturalmente ciò non depone a favore dell'opera qui recensita. Semmai, rende ancora più chiari i motivi delle scelte narrative adottate ne Lo specchio di Atlante, scelte che hanno poco a che fare col fantasy. Potremmo allora definirlo un buon libro giallo? Non ne ho idea, ma posso supporre che gli elementi surreali/fantasy potrebbero rendere l'opera indigesta anche a un amante di Agatha Christie, dunque non saprei davvero a chi consigliare la lettura di quest'opera. 

Gamberetta dixit

La Dea dei sette mari ebbe a scrivere quanto segue riguardo quest'opera:
Presto questo moltiplicarsi di mondi (i mondi in sogno, i mondi dietro gli specchi, i mondi dietro gli specchi in sogno) rende il romanzo un bel casino. Lo dico in senso positivo: è piacevole farsi trasportare in questa Realtà labirintica. Onestamente non posso mettere la mano sul fuoco riguardo la coerenza della storia, per farlo avrei dovuto tracciare una sorta di “mappa” di tutti i personaggi e i loro mondi, e non mi sembrava il caso.
Proprio così: tracciare schemi e prendere appunti per non perdere il filo della storia sono attività che interessano ben poco a un lettore di libri fantasy. Se poi Gamberetta ha trovato piacevole lasciarsi trasportare in questa realtà labirintica senza capirci una mazza...beh, c'è chi trova piacevole farsi frustare a sangue o infilarsi i chiodi nel naso: ciò non vuol dire che siano attività solitamente piacevoli, o sbaglio? Ora, capisco che la prima versione di quest'opera (prima che ci mettesse sopra le zampe il Duca) sia sbocciata in piena era di Fantamonnezze e che quindi siano stati giustamente esaltati i suoi pregi. Non nego che l'opera abbia un certo valore filosofico, né voglio ignorare l'originalità e il fascino di alcune trovate (il Libro dei Se, in particolare, mi è piaciuto molto), ma da qui a definirlo un buon fantasy ce ne passa. 

Conclusioni

Quanto allo stile, mi limito a un "passabile": gli errori evidenziati dimostrano obiettivamente come la millantata sapienza del Duca sia ben lontana dal generare i risultati soddisfacenti eccezionali da lui promessi. Riguardo la trama, ribadisco quanto già detto: potreste apprezzarla molto se amate i gialli o i thriller incasinati, ma sconsiglio l'opera a chiunque cerchi uno sviluppo narrativo più lineare (tipico di un romanzo fantasy e di molte opere rientranti nell'ambito di generi cugini, come il surreale o il realismo magico). 

SCHIFOMETRO

Ed Ella vibrò la frusta urlando: "Ardimento, bestia! Ardimento!"

Per chi non lo sapesse, la prosperosa fa(n)tina nell'immagine e il gaudente coniglietto sferzato rappresentano due figure di primaria importanza nell'ambito della travagliata storia del Regno Letterario d'Italia. Non abbiamo notizie certe riguardo la nascita di questo bizzarro sodalizio, ma le cronache raccontano che, in pieno periodo di decadenza del Regno, qualcuno disse “Fiat lux!” (o forse “Fish-lux”), ed Ella fu. Rosee le sue membra. Affusolato il sembiante. Incantevolmente terribile. Era un gambero (l'evoluzione fatata arriverà dopo qualche anno). Era Gamberetta.

Le sue gesta eroiche, e in particolare la pugna ingaggiata contro le orde barbariche di Licia Troisi, non tardarono a diffondersi attraverso il Regno. Tale era il suo potere, che in breve tempo nessuno riuscì più a parlare di lei senza provare un certo timore reverenziale.
Esisteva allora un coniglio che ramingava tra le terre selvagge: il Duca di Baionette (meglio conosciuto come Duca di Baiotette, per motivi a me ignoti). L'incontro con Gamberetta fu fatale: inizialmente ateo, egli fu all'improvviso travolto da un fervore mistico paragonabile a quello di un contadino che avesse ricevuto il Graal da Dio in persona.
Il Duca non stava più nella pelle: saltava, rideva, piangeva... Il pelo gli divenne rosso per l'euforia. Aveva scoperto l'Orgasmo platonico, il Femminino sacro, l'Anima junghiana. Sì, La Dea, la salvatrice del Regno, era finalmente giunta. Grazie a Lei, nulla sarebbe stato più come prima. La formidabile amalgama di grazia femminile e piglio militaresco, il fascinoso contrasto fra il roseo carapace e la candida polpa, l'inenarrabile cultura, i grandi occhioni da ragazza-manga, la passione per il vapore, e molto altro, finirono ben presto per ridurre il Duca a uno stato di servilismo incondizionato.
Tale fu l'influenza della gambera sul coniglio, che questi, dopo svariati anni di sudditanza, giunto ormai al parossismo dell'idolatria, decise di innalzare un tempio in suo onore, denominandolo Vaporteppa Vaporseppia (la mutazione ittica della parola è d'obbligo...anche io, nel mio piccolo, voglio rendere un modesto tributo alla Dea). Il completamento dell'opera si rese vieppiù necessario allorquando Gamberetta, esaurita la sua missione fantaspirituale, preferì abbandonare le rozze sembianze ittiche per tornare alla sua forma originaria: pura Luce, pura Idea. Senza la sua Guida, il Regno Letterario Italiano rischiava nuovamente di precipitare nel caos. Come poteva il cuore ardimentoso del Duca permettere che ciò accadesse? Come poteva egli consentire che i preziosi insegnamenti della Dea cadessero nell'oblio? Giammai!

Il Duca travestito da essere umano del futuro

Fu così che, rinchiuso nel tempio di Vaporseppia, il Duconiglio intraprese la sua attività con la solennità e lo zelo che si convengono a un alchimista del suo livello. Vi assicuro che vederlo all'opera (pochi hanno avuto questo onore) è uno spettacolo che nemmeno il possente Merlino potrebbe eguagliare. Lo scopo del Duca oltrepassa infatti i più arditi sogni mai accarezzati da stregone, alchimista o scrittore: tramutare la Narrativa in una Scienza esatta! Per realizzare l'obiettivo, il Duca di Baiotette decise quindi di fondare nel tempio di Vaporseppia una “scuola di magia”, ambiziosamente battezzata “Scuola di Ardimento”, ostentando, sull'ingresso dello stesso, il temuto/adorato vessillo recante l'effige di Gamberetta. Il progetto riscosse molto interesse: tuttora, folte schiere di aspiranti stregoni, bardi, paggi e giullari si presentano al suo cospetto. Tuttavia, come è noto, il Duca ammette solo i più virtuosi, quelli che praticano le segrete arti dello Sciòu-don-tell con la stessa scioltezza con cui la possente lancia di Sir. Rocco Sigfrido (oggi volgarmente chiamato Rocco Siffredi) si farebbe largo in una giungla di patate assassine.
Come si concluderà l'avventura? Riuscirà il Duca a realizzare il suo obiettivo?
Esaminando alcuni scritti, si apprende subito che il Duca ha una concezione ben precisa di Narrativa e, soprattutto, di quale sia il suo scopo. In particolare, egli sostiene che:
Sia nella Retorica degli oratori che nella Narrativa, l’obiettivo è convincere il pubblico ed emozionarlo con l’uso di una tecnica tanto perfetta da far sparire “il testo” e lasciare solo l’effetto.
Secondo lui, quindi, retorica e narrativa condividono il medesimo obiettivo: emozionare e convincere, poiché:
Le due cose sono fuse in modo indissolubile: si emoziona allo scopo di convincere.
Le intenzioni del Duca sono senza dubbio ammirevoli, e la sua concezione di Narrativa, già condivisa da una larga fetta di popolazione, ha riscosso molti consensi tra coloro che hanno l'onore di frequentare la Scuola di Ardimento, e anche tra quelli che ne hanno solo sentito parlare.
Tuttavia, sottoponendo a un'attenta analisi i testi di alcuni suoi apprendisti, ci si rende conto che, nonostante il Duca si adoperi alacremente in esperimenti volti alla realizzazione del “romanzo perfetto”, le sue tecniche “retoriche” non sembrano produrre il risultato sperato. Alcuni studiosi rimarcano che i metodi del Duca soffrano di gravi incongruenze, poiché, nonostante egli predichi lo studio delle regole (tecniche narrative) come mezzo attraverso cui incantare il lettore, è evidente come invece tutte le opere su cui egli abbia messo le zampe rivelino in maniera inequivocabile la sua impronta lagomorfa. In particolare, è noto come le opere maneggiate nel tempio di Vaporseppia presentino caratteri comuni che hanno ben poco a che fare con l'emozionare e il convincere il lettore, come ad esempio:
  • Personaggi bidimensionali/stereotipati (senza contare che c'è quasi sempre qualche simulacro di Gamberetta - o meglio, della Gamberetta immaginata dal Duca - ovvero una tettona intrattabile ma dal cuore d'oro).
  • Sciòu-don-tell applicato in maniera così rigida che spesso il lettore finisce per annoiarsi, sicché il senso di immersione si affievolisce ben più di quanto sarebbe accaduto utilizzando in maniera saggia e ponderata il deplorato incantesimo del Tell.
  • Storie abbastanza noiose, che peraltro trattano sempre gli stessi temi.
  • Umorismo discutibile (un tipo di umorismo che piace solo al Duca e ai suoi adepti).
Meglio non abusare dello Sciòu-don-tell...[

Il risultato è un insieme di opere che, pur attestandosi su livelli senza dubbio superiori alla media dei fantaromanzetti diffusi nel Regno, esercitano però una modesta attrattiva non solo su quegli sprovveduti che leggono regolarmente testi triviali come Twilight e simili, ma anche su lettori più attenti (come me) che hanno all'attivo centinaia di ottimi romanzi letti. Il Duca, peraltro, sembra andare molto fiero del fatto che le opere prodotte da Vaporseppia rechino la sua impronta, ignorando il fatto che tale approccio le renda apprezzabili solo da una ristretta fascia di persone, in barba al rapporto di fratellanza tra narrativa e retorica.
In definitiva, l'attività del Duca dimostra come, purtroppo, non basti certo un mago/alchimista, ancorché fra i più saggi e colti, a trasformare il rame in oro. Anzi, l'esempio del Duca ci insegna come talvolta la sapienza possa accentuare gli effetti del più temibile tra i flagelli: l'egocentrismo.
D'altronde, la sua ambizione/presunzione è ben nota a tutti, come dimostrano dichiarazioni di questo genere:
Quasi tutti gli autori stranieri scrivono a un livello tecnico che non trovo adeguato agli standard che cerco, anche se spesso le idee sono buone, per cui per me formare autori nuovi è il cuore stesso della collana editoriale.
Altre critiche potrebbero essere mosse al Duca. Ad esempio, suscita non poca perplessità il suo atteggiamento di avversione e scherno nei confronti di Amazon (un noto libraio straniero), dal momento che, in realtà, egli stesso sfrutta la fama di Amazon per diffondere i suoi lavori! Il Duca, in effetti, è molto patriottico: per questo incita il popolo ad acquistare le opere di Vaporseppia presso librai italiani, ma qualcuno potrebbe intravedere una certa incoerenza in questo (nonostante la presenza su Amazon si renda necessaria per svariati motivi).

Ora però sarà bene spendere anche qualche parola di encomio per il nostro candido leporide. In effetti, la Scuola di Ardimento del Duca è uno dei pochi esempi di impegno serio rivolto a coloro che intendono praticare la nobile disciplina dello scrivere. A parte qualche altro personaggio degno di nota (al momento mi vengono in mente solo Vicki Satlow e Giulio Mozzi), la stragrande maggioranza di coloro che si definiscono agenti letterari, editor, case editrici e simili, si è aggregata in un gigantesco baraccone ambulante che costituisce una vera e propria piaga per il Regno Letterario Italiano. A differenza di questa ignobile massa di funamboli, truffatori, bifolchi, ignoranti, delinquenti, millantatori, il Duca crede davvero in ciò che fa ed ha la preparazione culturale per farlo. Bisogna riconoscere che ben pochi, in particolare durante questi tempi bui, avrebbero avuto il coraggio di investire tempo e risorse in un progetto dagli esiti tanto incerti. Pertanto, non posso che approvare a pieni voti la sua attività, l'impegno, l'onestà, pur mantenendo le mie riserve sull'effettiva qualità delle opere prodotte finora. Infine, bisogna ricordare che, al di là dei bislacchi esperimenti già citati, il tempio di Vaporseppia ferve di altre iniziative meritorie, come ad esempio la traduzione in italiano di testi scritti da alcuni validi autori stranieri (come Swanwick).
Nel prossimo articolo, esaminerò come si conviene uno dei testi prodotti dalla Scuola di Ardimento: Lo specchio di Atlante.

SCHIFOMETRO

A quanto pare lo Schifometro non ha mancato di riconoscere l'impegno del Duca, premiando l'attività di Vaporseppia con un timido assenso. Riusciranno le opere della Scuola di Ardimento a eccitare la nostra perfida lancetta sì da spingerla verso le verdeggianti lande dello Schifometro?

mercoledì 25 novembre 2015

Alieni dalla stella Vega

Il tizio dalla testa a melanzana che vedete in foto è uno splendido esempio di alieno conosciuto con il nome di: veg(etari)anus-fanaticus. Naturalmente, non si tratta di un vero alieno: in realtà, è un normalissimo e imperfettissimo essere umano sotto mentite spoglie. Ciò che questi sedicenti alieni credono di possedere in più rispetto a noi miseri bipedi dal cranio sferico, è la risposta alla domanda delle domande: l'uomo è “biologicamente” adatto a mangiare solo vegetali, oppure può mangiare anche carne? Nel loro furore mistico-ascetico-trascendentale, costoro finiscono sempre per mischiare questioni etiche, chimiche, economiche, in un calderone di luoghi comuni, informazione rabberciate e altra robaccia, generando una confusione tale che nemmeno Mary Poppins riuscirebbe a metterci una pezza (e il brutto è che a questi sedicenti alieni non puoi nemmeno cantargli “basta un poco di zucchero e la pillola va giù”, sennò si offendono e ti infamano, visto che per loro una zolletta di zucchero è più velenosa della Kryptonite per Superman). Inutile dire che l'atteggiamento di questi esaltatissimi vegefolli fa schifo. E attenzione: non ho detto che fa schifo la loro scelta alimentare (che condivido appieno, a certe condizioni). Ho detto che fa schifo il loro atteggiamento di superiorità, la loro pretesa di aver aperto gli occhi, di aver capito cose importantissime che altri poveri gonzi (come me) non hanno capito. Ma di questo, così come di qualsiasi altra considerazione di tipo etico, economico, politico etc, parlerò in futuri articoli. Ora mi occuperò di trattare l'argomento “mangiare carne” dal punto di vista esclusivamente “biologico” (altro termine su cui sarebbe da discutere).

 Prima di entrare nel vivo della questione, sono doverose alcune premesse:
  1. Il termine “onnivoro” può significare "tutto e il contrario di tutto". Pertanto, a mio parere, è del tutto inutile domandarsi: “L'uomo è onnivoro”? L'unica scelta sensata, dunque, è utilizzare parole e frasi del tutto inequivocabili: se dico “carne”, o “mangiare carne”, dico qualcosa di ben preciso, non soggetto a interpretazione. Se dico “onnivoro”, invece, si finisce in un inutile caos di interpretazioni, come evidenziato qui.
  2. Per la stesura di quest'articolo mi sono avvalso di varie fonti. Stabiliamo quindi cos'è una fonte. Una fonte di informazione deve essere attendibile, altrimenti non è una fonte. Cito da Wikipedia:
Basandosi il moderno metodo scientifico sulla ricerca e la revisione paritaria, sono definite fonti le pubblicazioni scientifiche, includendo in queste gli articoli apparsi su riviste scientifiche, i manuali, i libri di testo, i rapporti di organizzazioni scientifiche o governative.
Qualcuno obietterà che scienziati prezzolati potrebbero non dire il vero e mentire di proposito per favorire gli interessi economici della multinazionale di turno. Ciò è possibile, senza dubbio, ma in fondo all'articolo spiegherò perché è illogico pensare che la scienza menta sulle questioni alimentari per puri scopi economici (ovvero, esattamente ciò che pensano molti vege-complottari). 
Certo, le fonti da sole non bastano. Bisogna anche usare la logica (anch'essa grande amica dell'imparzialità, e nemica giurata di esaltati vari) per arrivare a certe conclusioni e poter scrivere un articolo decente come questo. 

Andiamo quindi al nocciolo della faccenda. L'uomo può mangiare carne? Andiamo ancora più a fondo. L'uomo è biologicamente adatto a mangiare carne? Andiamo ancora più a fondo. L'uomo è biologicamente adatto a mangiare carne, come lo è un leone? E se non lo fosse, allora è adatto a mangiare vegetali come un cervo? Iniziamo da uno dei must delle invettive vegane e vegetariane: l'apparato digerente. Ho trovato un interessante studio sull'argomento. Il prof. Carlo Consiglio, dichiara apertamente di essere vegetariano (tanto per tranquillizzare il solito veg(etari)ano afflitto da manie di persecuzione di matrice complottista). Invito tutti a leggere la pagina linkata con attenzione, da cima a fondo, e poi tornare qui. Bene, avete letto? Proviamo a riassumere i tratti salienti.
È da tempo noto che gli animali carnivori, la cui dieta è più ricca, hanno il tratto gastrointestinale più corto di quello degli animali che si nutrono di piante, che hanno bisogno di una digestione più elaborata.Nella seguente tabella Henneberg et al. [1998] confrontano il rapporto tra lunghezza intestinale e lunghezza corporea e tra superficie gastrointestinale e superficie corporea di diverse specie; ne risulta che l'uomo si trova in posizione intermedia tra carnivori e animali che si nutrono di piante per quanto riguarda la superficie gastrointestinale, e addirittura tra i carnivori per la lunghezza intestinale.

Chivers & Hladik [1980, 1984] hanno calcolato per diverse specie coefficienti di differenziamento dell'intestino, consistenti in rapporti tra le superfici di stomaco+cieco+colon e dell'intestino tenue. Infatti essi argomentano che l'intestino tenue, essendo principalmente deputato all'assorbimento, è più sviluppato nei carnivori, mentre stomaco e cieco formano potenziali camere di fermentazione, necessarie ai folivori. I valori di tali coefficienti inferiori a 0.2 denotano carnivoria esclusiva, e quelli al di sopra di 3.0 folivoria esclusiva. I frugivori hanno valori intorno a 1.0. […] Sussman [1987] osserva che gli umani attuali, studiati con lo stesso metodo, mostrano un coefficiente da 0.37 a 1.15, con la media di 0.62, pertanto andrebbero considerati come frugivori, leggermente spostati verso i carnivori. Maclarnon et al. [1986] hanno calcolato la superficie di quattro sezioni (stomaco, intestino tenue, cieco e colon) di 80 specie di Mammiferi, tra cui 48 Primati, nonché degli indici che rappresentano il grado in cui la superficie di ciascuna sezione si allontana da quanto atteso, tenendo conto della statura, ritenendo che tale allontanamento sia dovuto alla dieta e non alle dimensioni corporee. […] L'uomo (n. 42) si trova tra i carnivori (che gli AA. chiamano faunivori), seppure in posizione confinante con i frugivori. Conclusioni dello studio L'uomo si è evoluto in modo da trovarsi in una situazione intermedia tra quella caratteristica della carnivoria e quella caratteristica della frugivoria; ma la struttura fondamentale del colon è rimasta quella di un animale non carnivoro.
In definitiva, da questo studio emerge che l'uomo si è evoluto, adattandosi all'ambiente circostante, come mangiatore anche di carne, benché sia tendenzialmente non carnivoro, similmente a uno scimpanzé che può mangiare anche carne (e che, in effetti, mangia anche carne, come vedremo nel seguito dell'articolo). L'uomo, dunque, ribadiamolo, può mangiare anche carne, ma non è certo “specializzato” a nutrirsi di carne come un leone. In altre parole, si è dimostrato che il nostro apparato digerente non indica una condizione sufficiente per affermare che l’alimentazione debba essere solo a base di vegetali. Soffermiamoci ora su questo importante termine: “specializzato”. Un leone è specializzato a mangiare carne per una serie di ragioni: caratteristiche dell'apparato digerente, dentatura, mandibola etc. Per le stesse ragioni, una mucca è specializzata a mangiare vegetali, così molti altri erbivori ruminanti che hanno ben quattro stomaci per poter far fronte a una digestione particolarmente elaborata. E l'uomo? Azzardando un paragone con alcuni primati (paragone che, peraltro, i vegesauri non perdono occasione di tirare in causa, chissà perché), troveremo che l'uomo e lo scimpanzè hanno in comune il 98% delle sequenze nucleotidiche del DNA mitocondriale, cioè un metabolismo molto simile. Molti vegeconvinti a questo punto sbattono il pugno sul tavolo ed esultano: “Ecco! Visto? L'uomo è come lo scimpanzé! Mangia solo vegetali!”. Falso. Jane Goodall, nota per la sua ricerca (durata 40 anni) sulla vita sociale e familiare degli scimpanzé, afferma:
Gli scimpanzé sono onnivori e mangiano non soltanto frutta, noci, semi, fiori, foglie ecc, ma anche molti tipi di insetti e la carne di mammiferi di media taglia che essi cacciano. Gli scimpanzé, come gli esseri umani, sono capaci di vivere in una gran varietà di habitat, diversamente dall’orango o dal gorilla che in natura hanno diete più specializzate. Inoltre, questi nostri cuginetti pelosi sono degli abili cacciatori.
Sempre sul sito della Goodall leggiamo:
Jane osservò proprio l’atto della caccia, quando un gruppo di scimpanzé attaccò e mangiò un colobus rosso che si era arrampicato su un albero. I cacciatori si occuparono di chiudere qualsiasi via d’uscita all’animale, mentre uno scimpanzé adolescente salì lentamente dietro la preda per catturarla. Gli altri maschi immediatamente saltarono su per dividersi le parti della carcassa con grande eccitazione.Il cacciatore, avendo avuto successo, spartisce parte della preda con gli altri e si conoscono diversi tipi di comportamento di richiesta di cibo per tentare di riceverne un pezzo. La maggior parte della preda viene mangiata, incluso il cervello.
Naturalmente, la carne costituisce solo una piccola fetta della dieta dello scimpanzé: non superiore al 2%, secondo la Goodall. Ma questo 2% è più che sufficiente a sfatare il mito secondo cui noi, come gli scimpanzé, non saremmo "biologicamente adatti" a mangiare carne. Inoltre, permettetemi di ipotizzare che se lo scimpanzé avesse la capacità (come ce l'ha l'uomo) di prepararsi un gustoso pollo al forno, allora quel 2% subirebbe un sostanziale incremento. E qui tocchiamo un altro argomento tanto caro ai nostri vegetocrati: “L'uomo sfrutta il suo intelletto per andare contro natura! Altrimenti non caccerebbe animali! Infatti l'uomo non ha artigli, zanne e la potenza fisica di un leone o di un orso! Quindi la natura imporrebbe all'uomo di non cacciare animali (e di conseguenze non avrebbe bisogno di cuocerli per mangiarli!), ma di usare le mani per cogliere vegetali!” 
Ci sono così tante stupidaggini in questa affermazione che non saprei da dove iniziare. Vado a caso: 1) Non è detto che l'uomo debba avere la velocità di un ghepardo per correre dietro a una gazzella, gli artigli per ghermirla e le zanne per dilaniarla, poiché esistono prede più piccole e “manipolabili” che l'uomo potrebbe cacciare e mangiare anche senza ricorrere al suo kattivissimo e innauralissimo intelletto. 2) Benché forse i vegesaltati non siano abituati a farlo, esistono numerosi animali che - pensa un po'! - utilizzano il loro intelletto per procacciarsi il cibo! Pensiamo alla lontra: questo simpatico animaletto ha capito che utilizzando una pietra può rompere il guscio di un ostrica e mangiare il mollusco. E' chiaro che Madre Natura non ha dotato la lontra degli strumenti anatomici adatti a rompere il guscio di un'ostrica (avete mai visto le zampe di una lontra?), quindi, secondo vegedeliranti, la lontra, andrebbe contro natura

Vegepazzoidi, state lontani da me o vi spacco la testa col mio sasso!

Quello della lontra non è certo l'unica caso. Guardate questo corvo che utilizza un bastoncino per procurarsi il cibo:


Mi sembra abbastanza chiaro che la Natura non scomunicherà i corvi, le lontre, e moltissimi altri animali, perché hanno utilizzato il loro naturalissimo cervello per superare i loro limiti fisici e/o adottare tecniche di caccia per riempirsi la pancia. Anzi, è stata proprio la Natura a "suggerire" a questi animali tutti i migliori stratagemmi per sopravvivere. Così come ha suggerito all'uomo di procacciarsi il cibo anche cacciando e cuocendo i cibi. Si potrà obiettare che l'uomo, a differenza degli animali, sfrutta l'intelletto non solo per fini consoni alla propria natura, ma anche per arrecare danno a se stesso (fumando sigarette, eccedendo nell'alcool, mangiando tonnellate di schifezze...) o al pianeta in genere (provocando inquinamento etc). Ma questa considerazione ha ben poco a che fare con il mangiare carne, per un semplice motivo: fumare una sigaretta non porta alcun vantaggio alla nostra salute, mangiare una fettina di carne invece sì (nutrimento)

Torniamo ora al discorso della “specializzazione”. Abbiamo detto che alcuni animali sono più specializzati di altri nel mangiare carne o vegetali. Un leone è più specializzato di un uomo o di uno scimpanzé nel mangiare carne. Su questo non ci piove. Ma perfino il termine “specializzato” non è così netto come potrebbe sembrare. Eccone un chiaro esempio. Proprio così: il cervo, quel nobile animale erbivoro, mangia anche carne all'occorrenza. Certo ne mangerà pochissima, ma comunque la mangia per integrare la sua dieta, quando ne ha bisogno. Allo stesso modo, è possibile osservare gatti che mangiano l'erba: alcuni ricercatori ritengano che i gatti abbiano bisogno di alcuni enzimi e nutrienti che si trovano nelle piante verdi e che questi contribuiscano a formare un sistema naturale di pulizia dello stomaco grazie alle fibre contenuti nelle piante. 

Queste considerazioni sono di fondamentale importanza per comprendere che generalmente NON ESISTE UNA COMPATIBILITA' BIOLOGICA ASSOLUTA fra animali (incluso l'uomo) e un determinato tipo di cibo, e se anche tale compatibilità esistesse solo per alcune specie, non è certo questo il caso dell'uomo. Su questo tema, che fornisce l'autentica chiave di lettura di tutto, torneremo in fondo all'articolo. Arrivati a questo punto, ripassiamo la parola al Vegeinkazzato di turno: “D'accordo, ma allora mi spieghi perché è stato ormai scientificamente dimostrato che mangiare carne è causa di moltissime malattie, cancro al conon in primis?” Risposta: non è stato dimostrato un cazzo di quello che dici. Ciò che è stato dimostrato è che eccedere nel consumo di carne fa male. Come qualsiasi elemento venga introdotto nel nostro corpo: perfino l'acqua potrebbe ucciderci se ne abusassimo. In breve: la dose fa il veleno. Vegeinferocito: “No!!! Bere poca acqua non fa male, mentre mangiare carne fa male sempre! Se ne mangi poca, fa male poco, se ne mangi tanta fa male tanto, come una sigaretta!!!!!!!” Stronzate. Tralasciando il ridicolo esempio della sigaretta (già spiegato prima il perché), vediamo di fare un po' di chiarezza. 

Tanto per cominciare, non tutta la carne è uguale. Un conto è la carne del pollo e del maiale che allevo nella stalla sotto casa, un conto è la carne del pollo e del maiale che compro al supermercato sotto casa. Se eccedessi nel consumo degli alimenti rientranti nel secondo caso, infatti, andrei certamente incontro a una serie di problemi di salute che non derivano dalla carne in sé, ma da tutto ciò che l'uomo fa per rendere la carne fruibile sulla grande distribuzione, ovvero: 1) Le sostanze, più o meno lecite (anche a seconda della “bontà” della legislazione nazionale di riferimento), che vengono impiegate negli allevamenti per stimolare la crescita degli animali, impedire il diffondersi di malattie (dovute proprio al fatto che negli allevamenti industriali gli animali vivono in ambienti molto ritrestt), etc. Per avere un quadro della situazione, leggete quest'ottimo articolo. 2) I conservanti (come nitriti e nitrati) che l'uomo impiega per aumentare la conservazione della carne. Per saperne di più, qui. Senza ora addentrarci in un esame etico, economico, politico e sociale riguardante la moralità, la necessità e/o la convenienza dei trattamenti ad opera dell'uomo sulla carne o sui vegetali, rimane il fatto che tali trattamenti non hanno nulla a che fare con l'alimento in sé. 
Rivolgendosi a prodotti bio o, meglio ancora, provvedendo autonomamente a coltivare quanto necessario e/o ad allevare animali in proprio (sempre nei limiti del proprio fabbisogno alimentare), il problema malattie verrebbe scongiurato: a quel punto rimarrebbe solo da seguire una buona dieta, che fornisca un apporto equilibrato di nutrienti al nostro organismo.

Ma allora, esattamente, quanta carne possiamo mangiare? In linea di massima, nel bilanciare il consumo di carni, dovremmo propendere per le carni bianche, o meglio ancora per il pesce, poiché le carni rosse hanno un carico di colesterolo e grassi saturi più alto rispetto a quello delle carni bianche e del pesce. Perché non bisogna esagerare con i grassi saturi? Qui trovate un articolo dettagliato sull'argomento. Abbiamo poi il caso delle carni lavorare (insaccati, mortadella, prosciutto...), che sarebbero da limitare il più possibile o da eliminare in tronco. Esistono inoltre recenti studi che hanno individuato in uno specifico zucchero il possibile responsabile della cancerogenicità attribuita ad alcune carni rosse (manzo, maiale e agnello), ma è ancora tutto da verificare. In dettaglio: il World Cancer Research Fund (WCRF) e l’American Institute for Cancer Research sottolineano che il consumo medio settimanale di carne rossa allevata industrialmente non dovrebbe superare i 300gr, con punte massime di 500gr a settimana. Se la carne rossa derivasse da animali allevati in proprio, risultando quindi priva di conservanti e robacce varie legate all'allevamento industriale, il discorso cambierebbe e le dosi ottimali sarebbero probabilmente più alte, ma non bisognerebbe comunque eccedere nel consumo (come per qualsiasi alimento, animale o vegetale: abusarne comporta dei danni), come spiegato qui. Inoltre, sarebbe meglio limitare le carni rosse in attesa che proseguano gli studi cui ho accennato alla fine del paragrafo precedente. Riguardo gli insaccati, invece, il parere del WCRF è molto chiaro: andrebbero banditi dalla tavola, o comunque limitati a un consumo occasionale, soprattutto per via dei procedimenti particolarmente elaborati e non salutari necessari alla loro conservazione, che però non dovrebbero riguardare alcuni prodotti DOP e gli alimenti in vendita in alcuni salumifici artigianali (per essere certi, bisognerebbe verificare volta per volta). Bisogna inoltre porre grande attenzione al modo in cui si cuoce la carne. Per maggiori dettagli vi rimando a questo articolo: vi consiglio caldamente di leggerlo e rileggerlo. Abbiamo visto quali sono le dosi di carne rossa che, secondo gli studi attuali, sono in grado di nutrirci senza provocare alcun danno alla nostra salute, fermo restando che non bisognerà abusare nemmeno di quella bianca, soprattutto se derivante da allevamenti industriali. Il tipico vegesaltato a questo punto è già saltato sul tavolo urlando: “Ecco, vedi? Non ti dicono di non mangiare carne, ti dicono solo di mangiarne poca!!!! Quindi...” Quindi...c'è il KOMPLOTTO. 

Un tipico scienziato

E' noto infatti che molti vegetariani a vegani siano parenti stretti dei complottisti più incarogniti (caso strano!). Costoro mettono davanti il fatto che la "scienza ufficiale" (quei kattivoni pilotati dai rettiliani o chissà da chi) si guardano bene dal dire che la carne fa male, anteponendo questioni di profitto e potere alla loro etica professionale. Peccato che le cose stiano esattamente all'opposto. La scienza ufficiale afferma che mangiare più di 500 grammi a settimana di carne rossa (quella del supermercato, ricordiamo) comporta danni certi e gravi alla nostra salute. Stesso dicasi per il consumo regolare di insaccati ricchi di conservanti. Ora, sapete quanta carne si mangia nel nostro evolutissimo occidente? Un italiano medio consuma circa 90kg di carne l'anno. I numeri degli americani, degli inglesi, dei francesi etc sono molto simili. Bene, 90kg all'anno sono in media quasi 2Kg di carne a settimana, che probabilmente comprenderà in larga parte anche insaccati. Le conseguenze mi sembrano ovvie: se la stragrande maggioranza degli occidentali seguisse alla lettera i consigli dei medici, consumando le dosi e le tipologie di carne non nocive per la nostra salute, l'industria della carne (e tutto l'impero che vi è connesso) andrebbe a farsi fottere in men che non si dica, così come moltissime malattie connesse al suo consumo

Beh, per essere “tirapiedi” di grandi multinazionali e magnati della Impero Carnivoro, questi medici del WCRF (e tutti quelli che affermano cose simili) sono proprio dei gran cazzoni! Ma come, invece di urlare: “Signori, mangiate pure 2kg di carne a settimana, mangiate pure insaccati, mangiare pure la merda, tanto non vi farà niente!”, ci vengono a dire di mangiare solo un paio di fettine a settimana ed eliminare la stragrende maggioranza di prosciutti, salami, pancette etc in commercio? Ma che stronzi! Ma se anche questi scienziati si adoperassero per demonizzare nel modo più assoluto il consumo di carne di qualsiasi tipo, quale risultato otterrebbero? Vi risulta che da quando hanno iniziato a scrivere sui pacchetti di sigarette il monito “Nuoce gravemente alla salute” il consumo di sigarette sia sceso a picco? Sono ragionamenti a dir poco banali. Ma il tipico vegegano-complottaro proprio non ci arriva. 

Evoluzione e adattamento, questi sconosciuti

Purtroppo io vivo in città, non dispongo di un orto né di una stalla dove allevare animali. Per cui mi arrangio come meglio posso. Mangio poca carne (certo non più delle dosi settimanali consigliate) e quando posso compro frutta e verdura fresca. Adoro legumi e cereali. Se vivessi in campagna, a avessi la possibilità di nutrirmi di soli vegetali, cosa farei? Non ne ho idea. E non è importante. Mi piacerebbe piuttosto sapere cosa consiglierebbe il Vegeilluminato di turno a una comunità di individui che vivono a 1000mt di quota, alle pendici di una montagna, dove le coltivazioni possibili sono ridotte all'osso per via del clima. Una volta chiarito che la carne, consumata nelle giuste dosi, non arreca alcun danno alla salute (nessun cibo provoca danni se consumato nelle giuste dosi), che cosa dovrebbero fare questi poveri montanari? Morire di fame per non uccidere animali? Ah giusto: potrebbero scendere in pianura o in “città” e comprare i vegetali. Ma se non avessero i danari o i mezzi per spostarsi? Oppure, se non volessero spostarsi? E' chiaro che dovrebbero adattarsi, nutrendosi di ciò che gli offre l'ambiente circostante. E siamo arrivati dunque alla parola chiave: ADATTAMENTO. Ogni essere vivente possiede la capacità di adattarsi all'ambiente in cui si trova. Esistono perfino animali che cambiano sesso per adattarsi all'ambiente che li circonda. Per quale ragione non dovrebbe avvenire lo stesso quando si parla di cibo? Abbiamo visto che perfino un cervo, all'occorrenza, mangia carne. Questo dimostra che l'evoluzione di ogni forma di vita (animale o vegetale) ripudia l'assoluto. Il concetto di assoluto è relegato a leggi naturali che l'intelletto umano ha individuato e “codificato” nell'ambito delle scienze fisiche, chimiche, matematiche... Assoluto è: 2+2=4. Assoluta è la costante di gravitazione universale. Ma queste leggi sono "strumenti" della vita, che è la base dell'essere. Il tipico vegano, invece, pare invertire i ruoli: la vita sarebbe asservita a certe leggi assolute individuate dall'uomo. Il che, mi spiace per tutti i vegecrociati, è semplicemente ASSURDO. Ma questo forse è un discorso troppo complesso per vegecomplottari e affini.

 

I cagnolini

Vi sarà certamente capitato di avere a che fare con ominidi convinti del fatto che chi non mangia carne è condannato a diventare bianco come un lenzuolo, magro come un cadavere in decomposizione etc. Benché il loro numero sia in diminuzione, questi poveri ignoranti sono ancora molto diffusi. Sono abbastanza innocui, ma in genere anche fra costoro si nascondono imbecilli che si divertono a prendere per il culo chi mangia vegetariano o vegano (a prescindere dal fatto che si tratti di un vegetariano fanatico/ignorante o di uno che sa il fatto suo) vomitandogli addosso le solite fanfaluche sul fatto che "ki mangia karne è + forte e kazzuto!!!!!!!!!!!". A volte potrebbero reagire così di fronte a un vegesaltato, nel qual caso potreste godere di un ottimo effetto stereo: due coglioni che si insultano a vicenda sciorinando puttanate di prima scelta. In generale, questi karnivori konvinti vanno solo congedati con una sana pacca sulle spalle. Come fareste con una vecchietta che vi consiglia di appendere alla porta di casa una scopa rovesciata per tenere lontane le streghe. Se poi dovessero diventare violenti o offensivi, invitateli a una cena di carne: li ammansirete come cagnolini che hanno ottenuto il loro agognato osso.

 

Conclusioni

Una sana dieta vegetariana o vegana è senz'altro molto più salutare della dieta sregolata e “viziata” seguita dall'occidentale medio (e a breve il problema non riguarderà solo gli occidentali), ma ciò non significa che la dieta vegana e vegetariana sia l'unica dieta salutare. Una dieta che comprenda la giusta dose di carne, specie se ottenuta da animali allevati in proprio, risulterà altrettanto salutare. Considerazioni di tipo etico, economico, sociale, etc non hanno nulla a che vedere con questo discorso. Punto. Per riassumere:
  1. L'uomo deve mangiare carne per sopravvivere in salute? Falso, la carne può essere sostituita dai vegetali.
  2. L'uomo deve mangiare vegetali per sopravvivere in salute? Vero, per via delle proprietà dei vegetali, non sostituibili dalla carne.
  3. L'uomo può mangiare carne? Vero, per i motivi esposti in questo articolo.
  4. L'uomo può abusare di carne? Falso, l'uomo non può abusare di nessun alimento.
  5. L'uomo può abusare di vegetali? Falso, l'uomo non può abusare di nessun alimento.
Vi ricordo infine che questo articolo vuole essere solo un invito all'approfondimento: vi esorto a focalizzare l'attenzione sul problema dell'alimentazione, spesso trascurato o trattato con imperdonabile leggerezza.. Se pensate abbia scritto stronzate, vi prego di farmelo notare. Stesso dicasi se volete aggiungere qualcosa di interessante e costruttivo. 
La mia analisi comunque non si conclude qui: tornerò sull'argomento con ulteriori elementi su cui sto ragionando da diverso tempo.