domenica 27 dicembre 2015

Cinque tipici commenti da lit-blog che meritano cinque minuti di disprezzo (al giorno)

Due giorni fa il blogger di Pennablu  - sito abbastanza in voga dove la maggior parte degli articoli è del tipo:  "sì, pubblicare è difficile ma è un sogno a cui non bisogna rinunciare!", oppure "cinque motivi per cui il sole è giallo e i politici sono tutti cattivi", insomma roba che nemmeno le perle di saggezza di Padre Maronno -  mi ha catalogato tra quei lettori che "si fanno sentire per la prima volta solo quando trovano un post che non hanno gradito" e aggiunge: "Sarebbe da psicanalizzare questo comportamento".

Dopo aver chiarito la faccenda sul suo blog (spero mi sarà grato per avergli risparmiato la seccatura di reperire uno psicanalista vestito da Babbo Natale), vorrei porgergli i miei più sentiti ringraziamenti, avendo tratto da questa sua "considerazione" un ottimo spunto per scrivere le righe che seguono. 

Vengo al sodo: a cosa serve commentare i post pubblicati sui blog letterari? Cerchiamo di collegare almeno due neuroni, so che per molti è difficile (viviamo pur sempre nella generazione Uomini e Donne), ma una volta riusciti nell'impresa scopriremo una sconcertante verità: unico scopo dei commenti dovrebbe essere avere qualcosa da dire o, magari, da ridire riguardo gli articoli pubblicati dal blogger. Questa la teoria, pura e semplice. La pratica?
Vediamo un po'.
  
Non l'ho letto, ma mi incuriosisce
1) Commenti lecca-lecca. 
Alcuni lo chiamano comment-marketing. Si verifica soprattutto nei blog con un certo seguito, diciamo un migliaio di visite al giorno. Come mastodontici inceneritori (con la differenza che, purtroppo, non inceneriscono niente), questi blog non fanno che ingurgitare tonnellate di commenti immondizia, grazie all'opera dei compiaciuti fan che, con molto garbo ed entusiasmo, manifestano i loro apprezzamenti commentando a più non posso. E' un trend che fa comodo sia all'ego (e forse anche al portafoglio) del blogger, sia ai burattini che lo seguono con la speranza di ottenere in cambio visite sul loro blogghetto appena nato. Intendiamoci: non ritengo che il comment-marketing sia da evitare a priori. Diventa però un'operazione ignobile se protratto sistematicamente tramite lekkate da due soldi e/o opinioni annacquate del tipo: "Ottimo articolo, puntuale ed esaustivo come SEMPRE!... penso che la dimensione editoriale odierna debba rivedere i propri canoni per non rischiare di avvilupparsi su se stessa...viviamo in tempi difficili dove lo scrittore deve farsi imprenditore di se stesso...bla bla bla..."
Purtroppo i blog allineati a questa politica sono, per ovvie ragioni, i più commentati, e dal momento che i blog più commentati sono anche quelli che assicurano agli utenti (a loro volta proprietari di blog) una buona visibilità, il risultato è scontato: il numero di commenti cresce in modo esponenziale, in barba alla qualità e all'effettiva utilità degli stessi.



2) Chiacchiere da bar.

Dosis sola facit, ut venenum non fit. In parole povere: la dose fa il veleno. Non ho nulla in contrario alle chiacchiere da bar, se ben dosate. Discorso diverso se mi alzo alle sette di mattina, preparo il caffè, e prima di andare a lavoro mi leggiucchio l'articolo pubblicato dal mio blogger di fiducia, per poi commentare con le prime quattro cazzate che mi vengono in mente, senza nemmeno ricontrollare refusi o, ancora peggio, il senso di ciò che ho scritto, e faccio questo ogni santo giorno, preoccupandomi solo una volta su dieci di scrivere qualcosa di valido. D'altronde, perché dannarsi? Sto solo commentando un blog letterario, a che pro scrivere (almeno ogni tanto) qualcosa che abbia, appunto, un minimo di valore letterario, un'opinione ben congegnata o una critica dettagliata che possano davvero  arricchire quel blog e, dunque, coloro che lo leggono? 


H. Ford nel 1913 introdusse
 il modello di lavoro “a catena di montaggio” 

3) Commenti in serie. 

Qui parliamo soprattutto dei commenti scritti dal blogger in risposta agli utenti intervenuti. Daniele Imperi di Pennablu è particolarmente ferrato in quest'arte. Si tratta di commenti di due-tre righe dove il blogger, talvolta con piccole varianti, scrive sempre: "sì sono d'accordo con te" e nella migliore delle ipotesi aggiunge pure: "però le cose potrebbero anche essere leggermente differenti da quanto hai scritto". Magari non utilizzerà proprio quelle parole, ma il succo non cambia. Ovviamente, questo tipo di blogger non ama esprimere opinioni approfondite, e difficilmente si arrischierà a rispondere ai suoi fidati utenti/adepti qualcosa del tipo "ma che cazzo pene stai dicendo, ti sei bevuto il cervello?" Sarebbe contrario alla sua politica del "rispondo a tutti coloro che commentano il mio blog! E se un utente scrive cazzate mi limito a dire che non sono d'accordo, con molto garbo però eh, non vorrei sembrare antipatico!"





4) Le Perle del finto intellettuale. 

Vengono esibiti come alabastri di Volterra da quei poveracci che, esaltati dall'atmosfera di (finto) "salotto letterario" offerta dal blog di turno, sgomitano come forsennati per ostentare le proprie doti intellettuali. Scrivono sempre commenti di lunghezza improponibile, infarciti di termini altisonanti/desueti per darsi un tono, mettendo il becco ovunque, anche su argomenti di cui non sanno una mazza o di cui hanno sentito solo parlare, specie quando si discute di "robba seria" come lo Show don't tell, il Point of view, o del senso della vita secondo Proust etc. Ovviamente, il finto intellettuale non andrà mai a commentare i post di un vero lit blog (si renderebbe subito conto di non esserne in grado), così come un vero intellettuale non finirà certo a perdere tempo in un finto lit-blog (ovvero il 90% dei presunti lit-blog italiani). Esistono poi vie di mezzo, sfumature, ma la norma è questa.


Un vero hater

5) L'hater. 

Discorso più complesso, poiché spesso si fa confusione tra hater e troll. In effetti, il vero hater coincide, a mio modo di vedere, con una certa tipologia di troll, ovvero l'ignorante sfigato, brutto e frustrato (vedi immagine). Ad esempio, Gamberetta è stata spesso definita come la madre degli hater. Questo, naturalmente, lo dicevano e lo dicono i veri hater, ovvero i frustrati che odiavano Gamberetta per ovvie ragioni. Anch'io non ho mancato di criticare Gamberetta e i suoi adepti (qui un esempio), ma non la ritengo certo una semplice, squallida hater. Se poi si vuol etichettare hater una persona che fa satira, e lo fa in modo intelligente, allora mi fermo qui, sennò divento intrattabile.
Tutto ciò vale naturalmente anche per i commenti. Spesso le persone come me, che rompono il cazzo su blog composti-delicati-educati come Pennablu, vengono subito etichettate come i soliti rompicoglioni che, siccome non hanno ottenuto nulla dalla vita, non trovano di meglio da fare che denigrare il lavoro altrui. Liberi di pensarlo. Io ho l'abitudine di non esprimermi su argomenti che non conosco o conosco poco, e non ho peli sulla lingua quando si tratta di affermare che un post fa schifo, anche se il blogger di turno si chiamasse George Orwell. Forse mi sbaglio? Bene, sono aperto al dibattito. A un dibattito vero però, non a sentirmi dire cazzate del tipo "alcuni lettori si fanno sentire per la prima volta solo quando trovano un post che non hanno gradito! Psicanalizziamoli!".

Conclusioni

Non nego di aver fatto parte anche io, talvolta, di una delle sopracitate categorie, e certo mi capiterà di farne parte anche in futuro, come è ovvio che sia. Tuttavia, difficilmente tali comportamenti diverranno mai una mia abitudine, né mai li asseconderei sul mio blog. Peccato essere in minoranza.

Ah, Buone Feste a tutti.

9 commenti:

  1. Ottimo post, esautivo come sempre. Però le cose potrebbero stare in modo leggermente diverso da come scrivi. Comunque continuerò a seguirti.

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  2. Non condivido. È vero che i post di Pennablu sono spesso molto semplici, ma è ciò che li rende piacevoli. Per la quantità di argomenti trattati e la costanza nel pubblicarli le cadute di tono sono naturale conseguenza. I commenti lecca-lecca non li sopporto, e non capisco a quale scopo metterli, sarà per il comment marketing. I tuoi post sono molto interessanti, ma possono essere controproducenti, per un tuo futuro da scrittore, secondo me. Nel senso che la critica non apre nessuna porta.

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  3. Mi meravigli, sul serio. Non serve certo un hater da quattro soldi come me per spiegarti che semplicità non vuol dire banalità o superficialità. Prendiamo uno degli ultimi articoli, quello in cui Daniele si domanda cosa voglia dire scrivere fantascienza. Ti cito una frase:
    "Ci vuole anche una certa logica, affinché tutto rientri in un quadro comprensibile ma anche coerente. Dobbiamo inventare, certo, ma con la consapevolezza di unʼinvenzione ragionata. Non importa che nel 3000 nessuno di noi ci sarà più per confutare il nostro romanzo: quel 3000 deve essere credibile, plausibile."

    Se avessi scritto "l'acqua è bagnata" avrei fatto meglio. Questo per me significa fare “spam letterario”, chiacchiere per la massa, considerazioni annacquate, scontate, ben impacchettate (mi ricordano un po' i corsi di autostima). Roba di facile “digestione”, insomma, anni luce dagli articoli che scrive il Duca, per esempio, o anche Mozzi (a cui, almeno, riconosco il merito di voler continuamente sperimentare). Non dico che l'articolo “leggero” debba mancare, ma blog come PennaBlu e i suoi numerosi simili (guarda caso si commentano sempre a vicenda) ne fanno una regola (d'altronde “bisogna aggiornare il blog almeno due volte a settimana!”).
    Talvolta, si parla di Show don't tell, di Punto di vista, di fare questo o quello per avere successo nel mondo editoriale, ripetendo ciclicamente gli stessi tre o quattro concetti base, senza mai approfondire nulla (anzi, nel caso delle tecniche narrative leggo spesso corbellerie da spavento, tipo quelle che scrive Salvatore Anfuso, che peraltro sottolinea spesso di aver seguito il corso di scrittura di Mozzi).
    E' ovvio poi che questi blog diventino dei circoli chiusi, dove commentano sempre i soliti amici degli amici: distinguere poi chi fa comment-marketing da chi è realmente convinto di quel che dice (come penso succeda a te) è abbastanza inutile. Ci sono poi anche articoli di buon livello, non lo nego, ma purtroppo finiscono per perdersi nel mare di roba inutile.

    Ovviamente, non ci sono solo il Duca e Mozzi, potrei citare altri (pochi) lit-blog che raggiungono un buon livello, ma...tu guarda un po' che strano...non se li caga nessuno! Alcuni si sono rotti le palle e hanno smesso di aggiornare il blog. Strano eh! Mannaggia, dobbiamo insegnargli le 101 regole del successo a 'sti poveracci!

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  4. Criticare non serve dici? Il Duca, a suon di critiche (ben più pesanti delle mie), è finito a gestire una collana per la casa editrice in cui tu lavori e tuttora si “diverte” a maltrattare gente come Baricco. E questo è solo un esempio.
    Ma se anche criticare dovesse risultare dannoso per il mio roseo futuro da scrittore vincente, cosa dovrei fare? Unirmi anche io all'allegra compagnia di Daniele e soci, commentando a più non posso, anche quando non ho niente di CONCRETO da dire? Avrei potuto fare questo e altro per avere successo. Ma sai una cosa: non l'ho fatto. Perché avrei dovuto? Ah, una florida carriera da scrittore. Già che ci siamo ti chiedo: comparire in tv è utile per il proprio futuro di scrittore? A giudicare dalla tua esperienza, non mi pare molto, senza offesa. Lo sarebbe stato se avessi pagato cifre a cinque zeri, forse.
    Dunque, come costruire un buon futuro da scrittore?
    Semplice: un buon presente e futuro da scrittore è SCRIVERE onestamente le proprie opinioni e le proprie opere. Non è vendere il culo al primo blogger con molti follower o al primo Mondadori che vuol fare la cresta sulla moda del momento. Trovare compromessi? Sì, se possibile. Mi è già capitato di farlo, e ho ottenuto un discreto successo (anzi, direi enorme successo se paragonato al tempo investito). Ho detto successo, NON soddisfazione. La soddisfazione è ben altro. Se Daniele e i suoi follower sono soddisfatti del loro lavoro, sono felice per loro, sul serio. Ma ciò non impedirà a me di criticarli o apprezzarli quando meritano (sempre secondo il mio punto di vista, hai letto la pagina di presentazione del mio blog?), poiché questo per me vuol dire onestà intellettuale e soddisfazione.
    E se rimarrò solo, amen. Meglio la solida frustrazione della solitudine, che bearsi della solidità di un castello di carte. Scommetto però che, col giusto potere finanziario e la necessaria fortuna, le mie critiche diverrebbero verità in men che non si dica, agli occhi dei più. Dipende tutto da quanto tempo, competenze e danaro ho voglia di investire in queste attività: solo da ciò (e naturalmente, dal fattore fortuna) dipende il mio futuro da scrittore popolare (ammesso che mi interessi diventarlo, ultimamente mi sono fatto due domande...), non dal fatto di criticare o meno.
    Ma magari mi stancherò e tra un paio di mesi manderò tutto all'aria. D'altronde, ho impiegato circa 70 minuti a scrivere questo commento, e sono soddisfatto del risultato solo in minima parte (molti concetti sono espressi in maniera frettolosa e potrebbero essere fraintesi). Un investimento poco proficuo, direi. Massì, meglio le tre righe standard con cui ti avrebbe risposto Daniele Imperi.

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  5. Devi partire dal presupposto che un blog è una vetrina. Quindi deve farti raggiungere degli scopi: essere seguito per avere adesioni a una qualche attività, incuriosire sui tuoi romanzi (auto pubblicati) oppure agganciare persone interessanti per fare un salotto letterario virtuale. Considera anche che io non ho un blog, non leggo i blog (ad esclusione di quello di Mozzi, Pennablu e ora il tuo) e non mi interessa molto relazionarmi con gli altri. So esattamente a cosa ti riferisci, con banalità o parlare di nulla, ma il giudizio dipende molto da quanto valore si da alle cose. È vero che Daniele risponde con due righe, ma la domanda è: perché non lo può fare? Il punto della questione è che puoi scrivere ogni giorno post su quello che ti pare, come ri pare, perché sei nel tuo spazio. Lui fa così, ma non è utile, secondo me, paragonarsi agli altri. I tuoi post sono molto elaborati e intelligenti, è una scelta tua. Se domani ti dicessero che se scrivi sulle banane ti ritrovi 60 commenti sul blog, puoi scegliere di scrivere di banane, oppure di non farlo. Considera che a nessuno frega nulla del fatto che tu possa svelare strategie, post sciatti o commenti inutili. A nessuno frega nulla di nulla. Che cos'ha il Duca contro Baricco? Non ho letto mai niente di suo, non posso immaginare.

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  6. Come mai reputi che la mia esperienza televisiva non sia stata utile? Onestamente mi ha aiutato a vendere. È vero che sono partita in maniera eclatante con la prima pubblicazione e ora sono in pura gavetta di duro lavoro, arrivando a pubblicare anche un vero e proprio flop giusto un anno fa, ma questo dipende dal fatto che sono entrata dalla porta principale con un'autobiografia commercialissima, e poi, sempre più, cerco di raggiungere la narrativa di qualità. Ma questo mi penalizza, chiaramente. A febbraio uscirà un mio giallo, il primo. Sfiderei qualsiasi lettore a scoprire l'assassino prima del finale. Scrivere bene non basta purtroppo. Il mondo è come un pollaio, devi avere la chiave per entrare e tirare le tue granaglie. La nostra casa editrice comunque è giovane, e in espansione. Presto ci sarà anche il cartaceo delle pubblicazioni, e se il Duca è riuscito ad arrivare a fare il direttore editoriale certamente aveva delle indubbie qualità. Del resto non è un gioco, c'è dietro un'azienda.

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  7. "Lui fa così, ma non è utile, secondo me, paragonarsi agli altri. I tuoi post sono molto elaborati e intelligenti, è una scelta tua. Se domani ti dicessero che se scrivi sulle banane ti ritrovi 60 commenti sul blog, puoi scegliere di scrivere di banane, oppure di non farlo. Considera che a nessuno frega nulla del fatto che tu possa svelare strategie, post sciatti o commenti inutili. A nessuno frega nulla di nulla."
    Esatto, quindi meglio scrivere ciò che frega a me, no? :)
    Paragonarsi è inevitabile. Se io ritengo di aver ragione dove tu hai torto, sto già paragonando. Ovviamente, non parlo di paragoni ad personam: osservare l'opera non significa giudicare l'autore. Osservare è criticare, positivamente o negativamente, il contenuto di un'opera (blog, romanzo, novella, commento...). Io critico il metodo di Daniele Imperi, fondando la mia critica su solide basi, non su meri sofismi. Se poi il metodo di Daniele è più utile del mio in termini di SEO, politica amici-follower etc, buon per lui. Strano però: non mi sembra di averlo visto in tv vicino a Baricco (a proposito, il Duca ritiene Baricco uno scrittore da buttare al cesso). Daniele riscuote parecchio successo tra i suoi trenta (o giù di lì) follower affezionati, che commentano a tutto spiano. Un successo a dir poco modesto - se la mettiamo su questo piano - che non vale certo la mia onestà, perciò sì, mi tengo la MIA vetrina, critiche comprese.

    Riguardo la tua esperienza, non volevo essere offensivo: ti facevo solo notare che spesso ciò che sembra "buono" non lo è. Criticare non è cosa buona? Forse sì, forse no. Gamberetta a suon di critiche ha piazzato migliaia di copie dei suoi romanzi. E potrei fare altri esempi. Promuovere il proprio libro in tv, come hai fatto tu, è cosa buona? Forse sì, forse no. Vogliamo parlare del fanta-trash italiano? Come hanno potuto scrittrici come Licia Troisi pubblicare con grandi editori? Non certo andando in tv, o evitando di criticare Pennablu: hanno seguito (con furbizia e fortuna) una scia vincente, tutto qui. E la scia vincente, ora come ora, non c'è. Se ci fosse, chissà, potrei prostituirmi anch'io. La carne è debole.

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  8. Idee vincenti ci sono sempre, il problema è che la gente, come già accennavo, sceglie quello che gli metti sotto al naso. Questo vale anche per i libri, che alla fine sono uguali ai biscotti. Nel senso che la gente non legge gli ingredienti per sapere se sono fatti con prodotti tossici o meno, se sono con farina che arriva da chissà dove. La gente guarda i colori del pacchetto, se sono posizionati dove non devono faticare ad abbassarsi, e se poi hanno visto una stupida pubblicità a riguardo della marca scelgono andando sul sicuro. Quindi, tutto sommato,mci sono un sacco di libri belli che non fanno la strada che meritano. Tutto si riduce sempre al prestigio, al marketing e alla fortuna. In generale, credo che potresti mettere i tuoi malcontenti in un romanzo, e provarci ancora. Io ad oggi non ho mai trovato un autore che reputo da buttare al cesso, intendo tra quelli che qualcuno ha pubblicato. Ci sono scrittori che avrebbero bisogno secondo me di un editing per nascondere i difetti, come Fabio Volo, che comunque ammiro per principio. Io ammiro le persone di successo a prescindere. Non si tratta di prostituirsi più di tanto, si tratta più che altro di trovare la formula giusta al momento giusto.

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  9. "Io ad oggi non ho mai trovato un autore che reputo da buttare al cesso, intendo tra quelli che qualcuno ha pubblicato."
    Beata te! Io (e il Duca) la pensiamo diversamente ;)

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