giovedì 26 novembre 2015

Ed Ella vibrò la frusta urlando: "Ardimento, bestia! Ardimento!"

Per chi non lo sapesse, la prosperosa fa(n)tina nell'immagine e il gaudente coniglietto sferzato rappresentano due figure di primaria importanza nell'ambito della travagliata storia del Regno Letterario d'Italia. Non abbiamo notizie certe riguardo la nascita di questo bizzarro sodalizio, ma le cronache raccontano che, in pieno periodo di decadenza del Regno, qualcuno disse “Fiat lux!” (o forse “Fish-lux”), ed Ella fu. Rosee le sue membra. Affusolato il sembiante. Incantevolmente terribile. Era un gambero (l'evoluzione fatata arriverà dopo qualche anno). Era Gamberetta.

Le sue gesta eroiche, e in particolare la pugna ingaggiata contro le orde barbariche di Licia Troisi, non tardarono a diffondersi attraverso il Regno. Tale era il suo potere, che in breve tempo nessuno riuscì più a parlare di lei senza provare un certo timore reverenziale.
Esisteva allora un coniglio che ramingava tra le terre selvagge: il Duca di Baionette (meglio conosciuto come Duca di Baiotette, per motivi a me ignoti). L'incontro con Gamberetta fu fatale: inizialmente ateo, egli fu all'improvviso travolto da un fervore mistico paragonabile a quello di un contadino che avesse ricevuto il Graal da Dio in persona.
Il Duca non stava più nella pelle: saltava, rideva, piangeva... Il pelo gli divenne rosso per l'euforia. Aveva scoperto l'Orgasmo platonico, il Femminino sacro, l'Anima junghiana. Sì, La Dea, la salvatrice del Regno, era finalmente giunta. Grazie a Lei, nulla sarebbe stato più come prima. La formidabile amalgama di grazia femminile e piglio militaresco, il fascinoso contrasto fra il roseo carapace e la candida polpa, l'inenarrabile cultura, i grandi occhioni da ragazza-manga, la passione per il vapore, e molto altro, finirono ben presto per ridurre il Duca a uno stato di servilismo incondizionato.
Tale fu l'influenza della gambera sul coniglio, che questi, dopo svariati anni di sudditanza, giunto ormai al parossismo dell'idolatria, decise di innalzare un tempio in suo onore, denominandolo Vaporteppa Vaporseppia (la mutazione ittica della parola è d'obbligo...anche io, nel mio piccolo, voglio rendere un modesto tributo alla Dea). Il completamento dell'opera si rese vieppiù necessario allorquando Gamberetta, esaurita la sua missione fantaspirituale, preferì abbandonare le rozze sembianze ittiche per tornare alla sua forma originaria: pura Luce, pura Idea. Senza la sua Guida, il Regno Letterario Italiano rischiava nuovamente di precipitare nel caos. Come poteva il cuore ardimentoso del Duca permettere che ciò accadesse? Come poteva egli consentire che i preziosi insegnamenti della Dea cadessero nell'oblio? Giammai!

Il Duca travestito da essere umano del futuro

Fu così che, rinchiuso nel tempio di Vaporseppia, il Duconiglio intraprese la sua attività con la solennità e lo zelo che si convengono a un alchimista del suo livello. Vi assicuro che vederlo all'opera (pochi hanno avuto questo onore) è uno spettacolo che nemmeno il possente Merlino potrebbe eguagliare. Lo scopo del Duca oltrepassa infatti i più arditi sogni mai accarezzati da stregone, alchimista o scrittore: tramutare la Narrativa in una Scienza esatta! Per realizzare l'obiettivo, il Duca di Baiotette decise quindi di fondare nel tempio di Vaporseppia una “scuola di magia”, ambiziosamente battezzata “Scuola di Ardimento”, ostentando, sull'ingresso dello stesso, il temuto/adorato vessillo recante l'effige di Gamberetta. Il progetto riscosse molto interesse: tuttora, folte schiere di aspiranti stregoni, bardi, paggi e giullari si presentano al suo cospetto. Tuttavia, come è noto, il Duca ammette solo i più virtuosi, quelli che praticano le segrete arti dello Sciòu-don-tell con la stessa scioltezza con cui la possente lancia di Sir. Rocco Sigfrido (oggi volgarmente chiamato Rocco Siffredi) si farebbe largo in una giungla di patate assassine.
Come si concluderà l'avventura? Riuscirà il Duca a realizzare il suo obiettivo?
Esaminando alcuni scritti, si apprende subito che il Duca ha una concezione ben precisa di Narrativa e, soprattutto, di quale sia il suo scopo. In particolare, egli sostiene che:
Sia nella Retorica degli oratori che nella Narrativa, l’obiettivo è convincere il pubblico ed emozionarlo con l’uso di una tecnica tanto perfetta da far sparire “il testo” e lasciare solo l’effetto.
Secondo lui, quindi, retorica e narrativa condividono il medesimo obiettivo: emozionare e convincere, poiché:
Le due cose sono fuse in modo indissolubile: si emoziona allo scopo di convincere.
Le intenzioni del Duca sono senza dubbio ammirevoli, e la sua concezione di Narrativa, già condivisa da una larga fetta di popolazione, ha riscosso molti consensi tra coloro che hanno l'onore di frequentare la Scuola di Ardimento, e anche tra quelli che ne hanno solo sentito parlare.
Tuttavia, sottoponendo a un'attenta analisi i testi di alcuni suoi apprendisti, ci si rende conto che, nonostante il Duca si adoperi alacremente in esperimenti volti alla realizzazione del “romanzo perfetto”, le sue tecniche “retoriche” non sembrano produrre il risultato sperato. Alcuni studiosi rimarcano che i metodi del Duca soffrano di gravi incongruenze, poiché, nonostante egli predichi lo studio delle regole (tecniche narrative) come mezzo attraverso cui incantare il lettore, è evidente come invece tutte le opere su cui egli abbia messo le zampe rivelino in maniera inequivocabile la sua impronta lagomorfa. In particolare, è noto come le opere maneggiate nel tempio di Vaporseppia presentino caratteri comuni che hanno ben poco a che fare con l'emozionare e il convincere il lettore, come ad esempio:
  • Personaggi bidimensionali/stereotipati (senza contare che c'è quasi sempre qualche simulacro di Gamberetta - o meglio, della Gamberetta immaginata dal Duca - ovvero una tettona intrattabile ma dal cuore d'oro).
  • Sciòu-don-tell applicato in maniera così rigida che spesso il lettore finisce per annoiarsi, sicché il senso di immersione si affievolisce ben più di quanto sarebbe accaduto utilizzando in maniera saggia e ponderata il deplorato incantesimo del Tell.
  • Storie abbastanza noiose, che peraltro trattano sempre gli stessi temi.
  • Umorismo discutibile (un tipo di umorismo che piace solo al Duca e ai suoi adepti).
Meglio non abusare dello Sciòu-don-tell...[

Il risultato è un insieme di opere che, pur attestandosi su livelli senza dubbio superiori alla media dei fantaromanzetti diffusi nel Regno, esercitano però una modesta attrattiva non solo su quegli sprovveduti che leggono regolarmente testi triviali come Twilight e simili, ma anche su lettori più attenti (come me) che hanno all'attivo centinaia di ottimi romanzi letti. Il Duca, peraltro, sembra andare molto fiero del fatto che le opere prodotte da Vaporseppia rechino la sua impronta, ignorando il fatto che tale approccio le renda apprezzabili solo da una ristretta fascia di persone, in barba al rapporto di fratellanza tra narrativa e retorica.
In definitiva, l'attività del Duca dimostra come, purtroppo, non basti certo un mago/alchimista, ancorché fra i più saggi e colti, a trasformare il rame in oro. Anzi, l'esempio del Duca ci insegna come talvolta la sapienza possa accentuare gli effetti del più temibile tra i flagelli: l'egocentrismo.
D'altronde, la sua ambizione/presunzione è ben nota a tutti, come dimostrano dichiarazioni di questo genere:
Quasi tutti gli autori stranieri scrivono a un livello tecnico che non trovo adeguato agli standard che cerco, anche se spesso le idee sono buone, per cui per me formare autori nuovi è il cuore stesso della collana editoriale.
Altre critiche potrebbero essere mosse al Duca. Ad esempio, suscita non poca perplessità il suo atteggiamento di avversione e scherno nei confronti di Amazon (un noto libraio straniero), dal momento che, in realtà, egli stesso sfrutta la fama di Amazon per diffondere i suoi lavori! Il Duca, in effetti, è molto patriottico: per questo incita il popolo ad acquistare le opere di Vaporseppia presso librai italiani, ma qualcuno potrebbe intravedere una certa incoerenza in questo (nonostante la presenza su Amazon si renda necessaria per svariati motivi).

Ora però sarà bene spendere anche qualche parola di encomio per il nostro candido leporide. In effetti, la Scuola di Ardimento del Duca è uno dei pochi esempi di impegno serio rivolto a coloro che intendono praticare la nobile disciplina dello scrivere. A parte qualche altro personaggio degno di nota (al momento mi vengono in mente solo Vicki Satlow e Giulio Mozzi), la stragrande maggioranza di coloro che si definiscono agenti letterari, editor, case editrici e simili, si è aggregata in un gigantesco baraccone ambulante che costituisce una vera e propria piaga per il Regno Letterario Italiano. A differenza di questa ignobile massa di funamboli, truffatori, bifolchi, ignoranti, delinquenti, millantatori, il Duca crede davvero in ciò che fa ed ha la preparazione culturale per farlo. Bisogna riconoscere che ben pochi, in particolare durante questi tempi bui, avrebbero avuto il coraggio di investire tempo e risorse in un progetto dagli esiti tanto incerti. Pertanto, non posso che approvare a pieni voti la sua attività, l'impegno, l'onestà, pur mantenendo le mie riserve sull'effettiva qualità delle opere prodotte finora. Infine, bisogna ricordare che, al di là dei bislacchi esperimenti già citati, il tempio di Vaporseppia ferve di altre iniziative meritorie, come ad esempio la traduzione in italiano di testi scritti da alcuni validi autori stranieri (come Swanwick).
Nel prossimo articolo, esaminerò come si conviene uno dei testi prodotti dalla Scuola di Ardimento: Lo specchio di Atlante.

SCHIFOMETRO

A quanto pare lo Schifometro non ha mancato di riconoscere l'impegno del Duca, premiando l'attività di Vaporseppia con un timido assenso. Riusciranno le opere della Scuola di Ardimento a eccitare la nostra perfida lancetta sì da spingerla verso le verdeggianti lande dello Schifometro?

5 commenti:

  1. Convinta di sembrare un hater senza appello, non posso che sottolineare la mia tristezza per quello che il fenomeno gamberesco è diventato, nel tempo. Sono stata una di coloro che ha beneficiato del punto di vista critico della Dea, che si è "abbeverata alla sua fonte", ma che, proprio nell'ottica da lei presentata, ha iniziato ben presto a camminare sulle sue gambe.
    Ognuno è libero di venerare gli idoli che vuole o di fissare le pareti delle caverne che preferisce, non sta certo a me liberare le masse. Tuttavia, la parabola discendente del fenomeno è andata accentuandosi quando ci si è resi conto che ormai i discorsi in merito stavano iniziando ad avvilupparsi su se stessi e credo che il punto di rottura sia stata la recensione all'Alice di Dimitri.
    Si è notato in quel momento come l'accanimento stesse logorando le buone intenzioni, come alla fine gli insegnamenti fossero finiti. Gamberetta è stata una buona sensei, di concetti però teorizzati *da altri* e da lei solo resi più popolari.
    Inevitabilmente, quindi, non avendo una propria scuola di pensiero ideata di proprio pugno, il decadimento rimaneva in agguato sin dall'inizio. Gli ultimi tempi, tuttavia, si sono dimostrati una spirale di degrado notevole: prima le marchette agli amici (la Dea che incensa Giulia Besa, finita a scrivere romanzi rosa per Sperling&Kupfer, se non mi credete googlate), poi la pubblicazione di altri amici (mancati Premi Urania di anni fa), infine le invocazioni perché il culto sta facendo poco e le invettive contro Baricco, che credo sia il punto più basso raggiungibile.
    Su una cosa hanno ragione: è meglio ricordare i fasti del passato e non cercare di ricostruire ciò che è andato in pezzi. Sul blog della Gambera le vecchie recensioni (le prime) guadagnano ancora apprezzamenti, sono il buon retaggio che rimane, inutile accanirsi su qualcosa che è evidentemente trapassato.
    Se può consolare gli adepti in lacrime, anche i forum della Troisi giacciono in abbandono con i vecchi fan che, ormai cresciuti, si organizzano per la diaspora, dichiarando che "ormai..."
    Tutto ha un'epoca, poco diventa immortale, e su internet questo genere di fortune possono durare quanto la freschezza del sushi.

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    1. Oddio, ottenere il grado di hater senza appello, quando si è al cospetto di gamberesse in salsa ducale, è un'impresa erculea. Comunque concordo soprattutto con le tue considerazioni finali: le fortune su internet durano quanto il blockbuster del momento al cinema, con la differenza che i film fruttano un bel po' di grana. Su Gamberetta non ho molto da aggiungere: un personaggio carismatico, che ha saputo dosare ironia e cultura per arrivare alla massa. Per me, la vera decadenza è iniziata non tanto per colpa delle "ultime" recensioni (che come tu dici avevano perso, com'era ovvio che fosse, la leggerezza, la simpatia e l'originalità dei primordi), quanto per i giudizi poco incoraggianti sulle sue opere di narrativa (e non certo solo per evidenti ragioni di "ripicca"). Il pubblico ha "punito" la Dea con le sue stesse armi fatate. D'altronde, i romanzi di Gamberetta potrebbero intitolarsi tutti "Fatine, coniglietti, ragazzine sceme e scioùdontell". Però aprrezzo il fatto che abbia deciso di mettersi in gioco. Il Duca, da questo punto di vista, è stato più furbo e si è fatto i cazzi suoi, trincerato dietro la scusa che "tanto lui è un editor". Strano, però: non mi risulta che gli editor in genere prendano per il culo scrittori (bravi o asini, conta poco), adorino presunte divinità della narrativa etc. Perfino Giulio Mozzi, dall'alto del suo egocentrismo, ha saputo darsi un limite. Pertanto, pur apprezzando molto l'impegno del Duca nel voler lavorare con autori volenterosi e preparati, non posso che consigliargli di rinnovare il repertorio: basta cazzate, coniglietti, baiotette, umorismo imbecille, fetish ittici: ha rotto i coglioni ed è l'unico a non averlo capito. Fortuna che la Dea lo ha capito, invece, e si è messa da parte.

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  2. Convengo con tutto ciò che hai scritto, critiche e note di merito.
    Anche io sono stato tra coloro che si sono pappati con cupidigia la lunga sequenza di articoli pubblicati nel blog dei Gamberi, e anche io sono stato tra coloro che a un certo punto hanno sentito affiorare la sensazione (poi divenuta certezza) che qualcosa di valido e originale si stesse trasformando in un altare all’ortodossia. E anche io sono rimasto profondamente deluso dai risultati generati dalla messa in pratica di cotanta sapienza (le pubblicazioni che la Dea ha regalato).
    Purtroppo, però, mi mancano assai blog come quello, dove si analizzava un testo entrando nel dettaglio in modo maniacale (certo, secondo opinioni e convincimenti della blogger, su cui tu hai argutamente dissertato, ma che era comunque preparata e intelligente, questo va detto). Oggi come oggi la maggior parte dei lit-blog sono così easy e superficiali che scoprirne stamattina uno come il tuo è stata una gran bella sorpresa.

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  3. Mi solleva scoprire che qualcuno abbia apprezzato la mia opinione in quanto tale. Purtroppo non tutti la pensano come te: in internet è assolutamente sconsigliato "giocare da soli", esprimendo opinioni libere e oneste senza prima essersi procurato qualche forte "alleato". Se ti permetti di criticare qualcuno sei subito etichettato come un nemico da schiacciare, ricattare, infangare, annientare, senza se e senza ma, anche se le critiche sono ragionate e comprendono note di merito, come tu hai giustamente rilevato. Sto semplificando? Generalizzando? Banalizzando? NO. E' ESATTAMENTE COSI'.

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    1. Questo è l’aspetto più deprimente: se nemmeno con gli individui più preparati si riesce a instaurare un dialogo costruttivo (quando si è in disaccordo), e laddove si millanta un’incorruttibile oggettività si finisce con lo scadere nel personalismo più becero, siam bin chapà.

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