Il mio parrucchiere: “Da quando leggi Fabio Volo, ti è passata la forfora.”
Io rispondo: “Leggo anche Calvino, però.”
E lui: “Calvino? Che brutto nome!”
Alcuni dicono che Fabio Volo scrive come caga. Per me vuol dire poco: non sono mai stato in bagno con Fabio Volo. Altri dicono che è meglio dell'ultimo Premio Strega. Peccato, non ho letto l'ultimo Premio Strega.
Come sempre, si brancola nel buio. Parole come “meglio”, “bravo”, “bello”, sono scatole vuote, da riempire con qualcosa.
Cominciamo col primo termine, che le persone pronunciano in media una dozzina di volte al giorno: meglio.
È indubbio che molti preferiscano la cioccolata agli spinaci, ma ciò non vuol dire che la cioccolata sia meglio degli spinaci: vuol dire solo che la cioccolata è considerata un cibo più gustoso degli spinaci. Possiamo anche affermare che, per un tizio affetto da una patologia gastrointestinale, la cioccolata sia meno salutare degli spinaci (mi perdonino i gastroenterologi per l'esempio arronzato).
Mi pare, dunque, che "meglio" e "peggio" siano concetti vuoti, da riempire con qualcosa. Perché allora non parlare direttamente di quel qualcosa? Risparmieremmo salute, scatoloni e tonnellate di gigabàit su internet.
E che dire della seconda parolina: bravo.
Non so voi, ma preferisco la faccia di Fabio Volo. L'Illustre scrittore è disgustato, offeso, evirato dall'oscena fama del Volo, poiché secondo lui Fabio non è uno scrittore bravo.
Vediamo di riempire anche questa scatola.
In genere, l'aggettivo "bravo" viene associato a qualcuno che ha svolto un lavoro o creato un'opera di qualità.
Qualità. Tutti la cercano, pochi la vogliono. Sì, perché desiderare un romanzo di qualità implica saperlo riconoscere. E saperlo riconoscere implica porsi (più o meno consciamente) alcune domande, ad esempio:
- la grammatica del testo è corretta?
- è una storia originale? (non dico tanto, diciamo più originale della cosa meno originale che ci è capitata di leggere negli ultimi anni)
- lo stile è funzionale a ciò che l'autore voleva esprimere? (ammesso che il lettore riesca a capire ciò che l'autore voleva esprimere)
- è emozionante?
E così via.
Come vi porreste di fronte alle suddette (e altre) domande, nel caso di Fabio Volo? Se vi capitasse di rispondere negativamente, e di dover quindi riconoscere la scarsa qualità dei suoi libri, non disperate: non siete certo per questo degli emeriti falliti, ignoranti, eresiarchi della letteratura, come molti vi giudicheranno tra un sorrisetto sardonico e una gelida alzata di spalle (nella migliore delle ipotesi). È probabile infatti che abbiate divorato i libri di Fabio Volo per un motivo molto più importante e nobile del "fattore qualità": mi riferisco all'ultima scatola, dove ho scritto "bello".
Ho già parlato in modo approfondito di Qualità e Bellezza, ma vale la pena fare un breve ripasso.
La Bellezza è soggettiva. Tutto qui. Non c'è modo di negare questa affermazione. Per quanto possiamo sforzarci di analizzare processi mentali, generare algoritmi, attenerci alle regole, nessuno potrà mai fornire una spiegazione scientifica del fatto che un'opera possa apparire Bella a una persona, e Brutta a un'altra.
Potremmo trincerarci dietro considerazioni del tipo: "La Bellezza risente della società in cui viviamo", oppure "La Bellezza è manipolabile dai media", o ancora: "Questione di gusti!" Ma io penso che un uomo sia qualcosa di più di una somma algebrica di gusti e condizionamenti sociali. Oppure, si potrebbe affermare che tale somma non genera mai un risultato prevedibile, poiché l'uomo, per sua natura, è una creatura imprevedibile (se così non fosse, la psicologia sarebbe una scienza esatta). Tale imprevedibilità permea, di riflesso, tutto ciò che non possiamo misurare ma solo percepire, come ad esempio il mistero della nostra vita, l'esistenza (e la natura) di Dio, la Bellezza di un sasso.
Perciò, dormite pure sogni tranquilli: se i libri di Fabio Volo sono per voi più Belli di quelli di Calvino, siete perfettamente umani. E l'Illustre scrittore di turno dovrà farsene una ragione.
Rimane solo un ultimo, grosso problema, di cui la società è "colpevole". Ma ne parleremo in uno dei prossimi post, in compagnia del Grande Fratello.